I fratelli de Chirico e il racconto della loro Grecia

Nati entrambi in Grecia, Giorgio a Volos in Tessaglia nel 1888,  Andrea ad Atene nel 1891, i fratelli de Chirico rappresentano compiutamente la sintesi fra jus solis e jus sanguinis necessaria a delineare quella grecità spirituale che costituisce il tessuto connettivo di substrato della nostra cultura occidentale.

Tutt’e due belle teste dal pensiero brillante e distintisi per una connaturata propensione all’arte, tanto pittorica quanto letteraria, hanno dato lustro alla loro famiglia di aristocratiche ascendenze levantine ed hanno tenuto alta la loro posizione nel panorama culturale non tanto italiano quanto piuttosto europeo del Novecento. Giorgio de Chirico è considerato fra i massimi esponenti della pittura del secolo scorso, così come Alberto Savinio – questo il nome d’arte di Andrea de Chirico – è nel novero degli scrittori italiani più autorevoli e, al contempo, i suoi quadri sono esposti nei musei più importanti del Continente.

doc22G. de Chirico, La ville dans la chambre (1927)

dcrG.de Chirico, Tempio nella stanza (Les conjonctures cruelles), 1927

doc22 - bG. de Chirico, Mercurio messaggero degli dei (1961)

doc2Il bozzetto per un fondale scenico  con le architetture/simbolo delle città più rappresentative del percorso biografico del Maestro di Volos. L’Acropoli di Atene, un villino neoclassico romano, il Duomo di Milano, grattacieli di Nuova York, sfumano in dissolvenza uno nell’altro e diventano perfetta sintesi iconografica per una copertina di Memorie dechirichiane (G. de Chirico, Ifigenia. Siparietto, 1951)

Gli anni scolastici del “Pictor Classicus”, che parla greco e negli elenchi ateniesi appare come Jorgos Kirìkos e che in Germania si presenterà come cittadino ellenico, sono fondanti anche in virtù della cerchia di amici cui egli si lega. Sono nomi che con gli anni si guadagneranno un posto nel panorama artistico greco: Pikionis, Bouzianis, Kantzikis. Nella Capitale ellenica frequenta l’Accademia di Belle Arti ed ha già 18 anni quando, alla morte del padre, con la madre ed il fratello lascia la Grecia per tornare in Italia, il Paese di cui erano originari, e successivamente da qui vagabondare per l’Europa, fra Monaco di Baviera e Parigi, lasciando intravedere un respiro cosmopolita alla sua visuale del mondo.

Degli anni in Tessaglia  il piccolo Giorgio ricorda il susseguirsi dei terremoti: “Tutta la casa si muoveva lentamente, come una grossa nave sul mare in burrasca. Gli abitanti del quartiere, compresi noi, portavano i materassi fuori, in una piazza, per dormire all’aperto” (G. de Chirico, Memorie della mia vita, p. 27).

A Volos Evaristo de Chirico per affinare l’educazione artistica del figlio Giorgio sceglie un impiegato delle ferrovie, Kostantinos Mavrudis, affinché gli impartisca le prime lezioni di disegno. “Era un greco di Trieste che parlava un po’ l’italiano con l’accento veneto. Disegnava meravigliosamente… Fu il primo che m’insegnò l’amore per le linee pulite e belle… per il buon materiale: lapis di marca Faber molto appuntiti… a far spuntare la punta del lapis in modo regolare, tagliando intorno il legno con cura e simmetria… i nostri geni modernisti… farebbero meglio ad imparare a fare una buona e bella punta al loro lapis” (Memorie, pp. 31, 33).

De Chirico è molto preciso nel descrivere gli anni di formazione all’Accademia:

“Il modo d’insegnare al Politecnico di Atene era molto giusto e sistematico; era fatto con quei metodi così utili che, in seguito, con le cosiddette evoluzioni in fatto d’arte, con i cosiddetti modernismi, sono, poco alla volta, caduti in disuso… Un pessimo sistema è quello usato oggi di far lavorare il giovane allievo direttamente dal vero. Al Politecnico di Atene si facevano quattro anni di disegno e di studio del bianco e nero da stampe e da sculture, prima di lavorare direttamente da un modello vivo” (Memorie, pp. 54-55).

Le Olimpiadi del 1896, le prime olimpiadi moderne, sono l’evento che accende la città di Atene e che affascina ovviamente Giorgio, il quale ricorda anche la rappresentazione teatrale allo Stadio olimpico, una Ifigenia in Tauride (Memorie, pp. 45-46) il cui allestimento fa pensare a certe sue composizioni figurative assai simili ai giochi di costruzioni allora in gran voga.

Così Alberto Savinio (Infanzia di Nivasio Dolcemare, p. 140): “Nel 1896 Atene si preparava a celebrare la ripresa dei giochi olimpici. Nivasio Dolcemare ebbe la ventura di assistere a questo memorabile avvenimento, e benché gli anni della sua età si contassero sulle dita di una mano sola, quei fatti brillano ancora nella sua memoria come un paesaggio di fosforo sotto un cielo di velluto nero”.

Di rimando de Chirico nelle sue Memorie (p. 45): “Sempre durante il nostro soggiorno in casa Stambulopulos ebbero luogo i primi giochi olimpici. Atene era in festa; archi coperti di fiammelle a gas scavalcavano le vie del centro, illuminato a giorno”. Giorgio all’epoca aveva otto anni, il fratello Andrea (alias Savinio) solo cinque.

Souvenir d’enfance à Athènes è il titolo di un dipinto di Savinio del 1930c., conservato alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Un trofeo fatto di giocattoli, un tributo all’infanzia, tema nella cui orbita gravitano continuamente entrambi i fratelli de Chirico. Le immagini che hanno catturato da fanciulli mantengono un forte potere evocativo: nell’occhio del bambino lo sguardo preveggente dell’artista rende la finzione più autentica della realtà. La stanza dei giochi è il laboratorio in cui si consuma il prodigio: per Savinio è lo spazio concluso che esalta le facoltà percettive e l’immaginazione, osservatorio privilegiato per seguire le “rimutazioni che avrebbero dovuto rivelarmi l’intimo fondo delle cose e i suoi aspetti interni e invisibili al comune… Seduto io nel mezzo della camera dei giochi, quanto più vasto e ricco diventava il mondo che inquadravano le due finestre!” (A. Savinio, Tragedia dell’Infanzia, pp. 138-139).

souvenirA. Savinio, Souvenir d’enfance à Athénes (1930c.)

La naturalezza con cui anche gli eventi quotidiani in Grecia si ammantano di Mito è tutta espressa nel racconto di una gita in treno fatto da Savinio: «E talvolta che il treno si fermava in aperta campagna per quelle ragioni che nessuno, nemmeno i tecnici, sanno spiegare, un centauro venerabile, grondante peli e fili d’erba, si avvicinava al nostro “saloncino”, si fermava a guardare da dietro il vetro noi che stavamo mangiando il pilaf con lo spezzatino d’abbacchio o tagliando nello spicchio a barca la polpa di un odoroso popone. Mio padre gli faceva cenno di favorire, ma il venerabile ippantropo continuava a guardare senza rispondere, poi, come rinunciando a capire, se ne andava via con un piccolo trotto stanco» (A. Savinio, Opere. Scritti dispersi. Tra guerra e dopoguerra (1943-1952), Bompiani, Milano 1989, pp. 670-671).

Nel peregrinare della famiglia de Chirico – da Volos ad Atene, di nuovo a Volos, per tornare infine nella Capitale – si alternano molti domicili: “Si cambiava spesso casa in Grecia; ogni due anni circa avveniva lo sgombero; è una fatalità della mia vita quella di cambiare sempre abitazione” (G. de Chirico Memorie, p. 46-47). L’indirizzo del primo soggiorno ateniese (1890-96) dei de Chirico è casa Vouros “nella parte alta della città” (Memorie p. 25), seguito da casa Gunarakis “una palazzina di stile neoclassico con un bel giardino” (Memorie, p. 28). Si trovano a casa Stambulopulos nel 1896, durante le prime Olimpiadi dell’era moderna (Memorie, p. 45). Nel secondo periodo ateniese (1898-1906) i de Chirico tornano nei pressi di Syntagma: “Si andò ad abitare una casa d’aspetto molto signorile che dal nome del proprietario si chiamava casa Stambulopulos. Questa casa stava di fronte al parco reale, nel quartiere più elegante della città” (Memorie, pp. 40-41). Dopo casa Stambulopulos “si passò ad una casa di cui non ricordo il nome…lontana dal centro…sita ai limiti della città verso settentrione” (Memorie, pp. 46-47). L’ingegnere greco Kostas Androulidakis (Mikrò Aphièroma, p. 65), ha identificato l’ultimo domicilio nella Capitale dei de Chirico in via Tzavella 11, nel quartiere di Exarchia.

doc23G. de Chirico, Veduta di Atene (1970)

dcr 2Giorgio de Chirico e la moglie Isabella Far ad Atene nel 1973, dove ritornò solo dopo moltissimi anni dal giorno della sua partenza nel 1906

Della Grecia essi hanno assorbito gli umori – dello spirito, degli spazi, della cultura e della società – così permeanti da modellarne l’indole e trasmettere loro quell’attitudine “levantina” al filosofare per paradossi ed enigmi. Di Grecia e di metafisica raccontano quei meriggi infuocati di sole che, dai portici e dai monumenti, allungano ombre affilate su piazze e strade sospese in afona immobilità, evocanti atmosfere da controra estiva mediterranea quando, per la calura, “si scioglievano le candele nei candelieri” (Memorie p. 24).

Le coste irregolari e frastagliate dell’Ellade, con l’Eubea che si incunea nel golfo della natia Tessaglia, sono le stesse che compaiono in un dipinto dechirichiano del 1916, dal titolo quanto mai significativo: La malinconia della partenza. Il Nostro sa che – per quanto navighi errabondo come Ulisse – Ebdomero (e con lui de Chirico medesimo) “compie sempre il giro della propria camera”. Dalle rive dell’Egeo, dalla luce e dai silenzi di una terra di miti e semidei essi non potranno separarsi mai del tutto. Tanto peregrinare altro non è che girare attorno a se stessi: attorno a quei fanciulli ritratti da Savinio, nell’abbraccio protettivo della madre Gemma Cervetto.

doc24G. de Chirico, La melanconia della partenza (part.), 1916

doc25A. Savinio, La mère bleue (1927)

savinioA. Savinio, Le rêve du poète (1927)

savinioA. Savinio, Scenografia per Edipo Re (1947-48)

(continua)

NOTE

Giorgio de Chirico (Volos, 10 luglio 1888-Roma, 20 novembre 1978)

Alberto Savinio (Andrea de Chirico, Atene, 25 agosto 1891-Roma, 5 maggio 1952)

al

Savinio riposa accanto alla madre e alla moglie nel cimitero monumentale del Verano, a Roma

de

Giorgio de Chirico ha trovato sepoltura nella chiesa di S. Francesco a Ripa, in Trastevere, in una cappella laterale a lui dedicata, dove la vedova del Pictor Optimus nel 1992 ne ottenne la traslazione

BIBLIOGRAFIA:

M. Santoro, Ritratto Di Famiglia: Evaristo De Chirico, in V. Trione, El siglo de Giorgio de Chirico. Metafisica y arquitectura, catalogo della mostra, Institùt Valencià d’Art Modern, Valencia (Spagna) 18 dicembre 2007-17 febbraio 2008, Skira, Milano 2007, pp. 422-423

M. Santoro, Dalla Grecia il museo “domestico” di Giorgio de Chirico, in M. Ursino, De Chirico e il museo, catalogo della mostra, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma 20 novembre 2008–25 gennaio 2009, Electa, Milano 2008, pp. 194-203

M. Santoro, Immagini di città. Geografie interiori di Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Dimitris Pikionis, in AA.VV., Ripensare le immagini, a cura di G. Di Giacomo, Carocci Editore, Roma 2010, pp. 229-244

M. Santoro, Passeggiate ateniesi di primo Novecento dello studente d’accademia Giorgio de Chirico, inEngramma”, n. 93, settembre/ottobre 2011, https://www.engramma.it/eOS/index.php?id_articolo=1898

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