Nelle fotografie che lo ritraggono, Domenico Parisi si presenta smilzo, dal viso scarno e dai lineamenti intagliati, che ne rivelano la sua fisicità siciliana. Era nato infatti a Palermo, il 23 settembre del 1916, da buona famiglia isolana: il padre Eduardo era pittore ritrattista, mentre la madre Olimpia Volpes, era figlia di un apprezzato avvocato del luogo. Dalla Trinacria si era trasferito al nord con i genitori alla fine della Grande Guerra, quando aveva appena tre anni. Como la destinazione, nella operosa Lombardia, che prometteva un futuro di lavoro ed emancipazione ai molti meridionali che aspiravano a quel riscatto sociale che il sud Italia rendeva più faticoso.
La sua adolescenza coincide con gli anni del ventennio fascista, regime con il quale il Paese volente o nolente era costretto a fare i conti. Nel 1935, diciannovenne, consegue il diploma in edilizia così di lì a poco può entrare a studio da quella gloria comasca che è Giuseppe Terragni; il giovane apprendista, motivto qual era, non poteva che incamerarne il prezioso insegnamento.
Inizierà da qui una serie di fertili incontri, fondamentali nella sua carriera, che continueranno nel secondo dopoguerra: da Bruno Munari a Fausto Melotti, da Lucio Fontana a Giovanni Somaini, vale a dire quanto c’è di più innovativo ed anticonvenzionale nel panorama milanese, in reazione a decenni di acquiescente conformismo.
Un suo ritratto giovanile assieme al collega ed amico Giovanni Galfetti lo inquadra con alle spalle la Casa del Fascio di Terragni, capolavoro architettonico che da molti è considerata una delle forme più pure e significative del razionalismo italiano del tempo.
Parisi e Giovanni Galfetti alla fine degli anni ’30 a Como, davanti alla Casa del Fascio di Terragni
L’habitat culturale in cui si struttura la personalità di Domenico Parisi – che per amici e clienti diventa familiarmente Ico – è sicuramente di alto livello qualitativo.
In gruppo con Galfetti, Fulvio Cappelletti, Silvio Longhi, nel 1937 partecipa alla Mostra Coloniale tenutasi a Villa Olmo, nella città lariana, dove la squadra allestisce la torre segnaletica, il salone d’onore e la sala della preparazione bellica. Insieme daranno vita al gruppo Alta Quota, cui si unisce Giuseppe Costamagna, che entusiasticamente si interessa alla multidisciplinarietà dell’arte, compresi quindi il documentario, la fotografia e la scrittura.
Fotografie di Ico Parisi scattate alla Mostra Coloniale del 1937 con gli immancabili slogan fascisti, dal menefrego alla retorica della romanità
Per Alida Valli, una delle attrici più in vista del nostro cinema, nel 1939 Parisi si cimenta addirittura nel progetto di una villa per la diva che però resta nel cassetto.
Bozzetto di Domenico Parisi per una villa da proporre ad Alida Valli (1939)
Disegno di Domenico Parisi per la mostra del giornalismo e dell’industria grafica che si tenne a Milano nel 1948
Con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, Parisi è richiamato al fronte e seguirà l’esercito in Russia, da cui si riaffaccerà reduce a Como nel 1943.
Altro incontro cardine nella sua vita è quello con Luisa Aiani da Cantù, che di Giovanni Galfetti era la moglie. Ritrovatasi vedova in seguito alla morte di Galfetti in Cirenaica – abbattuto durante un’incursione aerea – a guerra finita nel 1947 si sposa proprio con Domenico, di due anni più giovane, nel quale aveva trovato devoto conforto. Luisa, che aveva il diploma artistico, nel frattempo si era iscritta ad architettura al Politecnico di Milano senza però completare gli studi, proprio negli stessi anni in cui Parisi a Losanna si laureava architetto nel 1950.
Ico e Luisa Parisi, una coppia vincente negli anni d’oro del design milanese. In basso: Luisa Aiani in uno schizzo del marito
Insieme danno vita ad un felice sodalizio sentimentale e professionale, lavorando fianco a fianco nel settore dell’arredamento, che negli anni Cinquanta del secolo scorso lanciava Milano come polo di richiamo internazionale nel campo del disegno industriale. A Como, un anno dopo il loro matrimonio, la coppia aveva dato vita a La Ruota, uno studio di progettazione per il design, con esposizione e vendita delle loro creazioni. Domenico affrontava la parte grafica, Luisa dava i suoi suggerimenti, sceglieva tessuti e materiali, promuoveva la commercializzazione. In breve tempo si affermarono sul mercato, partecipando alle esposizioni e pubblicando articoli sulle riviste di settore.
La Ruota, il marchio con cui la coppia Parisi-Aiani sin dalla fine degli anni ’40 conquista il mercato dell’arredamento (ma anche dell’oggettistica), riscuote immancabilmente i favori di chi assegna il Compasso d’Oro, il premio che incorona il meglio del design italiano del tempo
Era la stagione della rinascita e del boom economico, delle premiazioni organizzate dagli imprenditori lombardi, primo fra tutti il rinomato Compasso d’Oro che puntualmente rilasciava apprezzamenti e menzioni speciali alle ambite produzioni di Ico e Luisa Parisi. I loro mobili, le lampade, i divani, le librerie erano il simbolo elitario dell’Italia rampante e dell’alta borghesia meneghina che guardava alla modernità. Quando Domenico lancià sul mercato la iconica “poltrona uovo” raccolse il plauso nientemeno che di Gio Ponti, il quale ebbe a scrivergli di propria mano: Mio caro, la sedia uovo è una meraviglia. Tu sei un maestro, e tutto ciò che rimane per me è andare in pensione e vivere a Civate nell’oblio.
E’ la consacrazione ufficiale.
Ico Parisi: poltrona-uovo (1953): dallo schizzo alla produzione
Del 1957 è l’altra iconica poltroba di Domenico Parisi
L’architetto dal bozzetto alle sue inconfondibili creazioni
Ma è nel campo dell’architettura che qui si vogliono ripercorrere le tappe di una carriera, su diversa scala, altrettanto prestigiosa.
Fra il 1949 ed il 1950 è a Maslianico (Como) dove porta a termine casa Carcano. Nel 1951 a Monte Olimpino costruisce casa Bertacchi, in via Giacosa.
Casa Carcano a Maslianico (1949-50)
Casa Bertacchi a Monte Olimpino (1951)
Dopo casa Bini, realizzata a Como nel 1952; nel biennio ’52-’53 a Monte Olimpino è la volta di casa Zucchi, sempre a via Giacosa, e di casa Bolgiana. E’ un passaparola fra le famiglie abbienti del luogo e Parisi consolida la propria notorietà. Al 1954 data il suo Padiglione-soggiorno, premiato alla X Triennale di Milano, cui hanno collaborato Silvio Longhi (l’amico dei tempi di Alta Quota) e Luigi Antonietti.
Casa Bini (Como 1952)
Casa Bruno Zucchi (Monte Olimpino 1952-53)
Casa Bolgiana a Monte Olimpino (1952-53)
1954: schizzo di Parisi per il padiglione-soggiorno alla Triennale di Milano
Il padiglione al Parco Sempione, costruito da Parisi con Longhi e Antonietti, oggi è stato convertito dall’amministrazione meneghina in biblioteca pubblica
Dal 1952 al 1956 Parisi capitana progetto e lavori per la costruzione della nuova Camera di Commercio di Sondrio, probabilmente la sua opera più nota e importante, strutturalmente e architettonicamente più impegnativa, ove fu affiancato da Fulvio Cappelletti e Silvio Longhi, compagni e colleghi di una vita.
L’ingresso su via G. Piazzi
Dal 1952 al 1956 proseguono i lavori di progetto ed esecuzione per la Camera di Commercio di Sondrio, in cui Domenico Parisi è affiancato da Cappelletti e Longhi, con lui dai tempi di Alta Quota
Nel 1955 si era iscritto al collegio dei periti industriali di Como.
1957: alla mostra Colori e forme per la casa d’oggi, che si tiene a Villa Olmo, Parisi presenta la sua casa per vacanze, progettata con il supporto artistico degli scultori Rho e Somaini. Il suo intento è di avvalersi dell’elemento plastico come parte integrante dell’architettura e non come decorazione sovrapposta.
Casa per vacanze, presentata a Villa Olmo (Como) nel 1957
Del 1958 è il suo condominio in via Francesco Scalini a Como, al civico 12 (noto come condominio S. Antonio), dove la coppia sceglierà di abitare nell’unità residenziale all’attico con mansarda (quasi fosse una villa a se stante).
Fra il 1962 ed il 1963 realizza il condominio di via Massenzio Masia a Como, sede dell’ACI.
In alto: il condominio S. Antonio al civico 12 di via F. Scalini in Como (1958). Nel bozzatto di Parisi l’unità abitativa all’ultimo piano in cui abitavano Ico e Luisa
Condominio di via Massenzio Masia a Como (1962-63)
Nel 1964 approda in Maremma, a Fonteblanda, dove sulla spiaggia di Orbetello progetta il complesso alberghiero di Corte dei Butteri, con l’annessa chiesa di Santa Maria dell’Osa; intervento in cui riesce ad armonizzare il costruito con la tradizione architettonica locale, nel rispetto della tipologia, dei materiali e del colore, in sintonia con l’ambiente naturale cui va ad integrarsi.
Dello stesso anno è a Ferrara dove è chiamato a rinnovare gli interni del palazzo della Camera di Commercio della città estense.
Nel 1966 progetta casa Orlandi ad Erba; cui seguirà l’anno successivo casa Fontana a Lenno.
Nel 1967 il costruttore Italo Bartoletti gli affida il progetto della sua casa a Montorfano, fuori Como, terminata in un paio di anni (che si attesta nelle riviste con il motto Vivere insieme).
1964: Hotel Corte dei Butteri a Fonteblanda (Orbetello)
Piccola chiesa annessa al complesso alberghiero in Marema e schizzo preparatorio disegnato da Parisi (1964)
Cartolina pubblicitaria del complesso alberghiero di Fonteblanda, della metà degli anni ’60. Sulla sinistra è visibile la piccola chiesa comunicante con la struttura
1966: bozzetto preparatorio di Parisi per casa Orlandi ad Erba
1964: casa Fontana a Lenno
1967: Vivere insieme. Casa Bartoletti a Montorfano
Alla fine degli anni Sessanta – gli anni della contestazione, della rivoluzione, di una nuova idea di società e una inedita concezione dell’abitare – Parisi si pone, tra il provocatorio e lo sperimentale, con certe sue stravaganti ricerche formali come i Contenitrori Umani del 1968 o la Casa Esistenziale del 1972, quasi dei divertissement per una creatività in linea con le tendenze che si respirano nell’aria.
Domenico Parisi nel suo “contenitore umano” (1968)
Domenico Parisi: ipotesi per una casa esistenziale (1972)
Tornato al mestiere, tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta, cura la ristrutturazione del Bobadilla un noto locale di Dalmine, in provincia di Bergamo, dandogli una singolare impronta scenografica che rispecchia alcune tendenze post-moderne del periodo.
Nel 1990 muore la moglie Luisa e cinque anni dopo chiude i battenti La Ruota. L’anno successivo, nel 1996, Domenico Parisi, detto Ico, si spegne ottantenne a Como il 19 dicembre.
L’intervento di Parisi per la ristrutturazione del Bobadilla di Dalmine alla fine degli anni ’80
Le caramelle di Parisi: nel 1991 l’architetto aveva fatto dono a Como – sua città adottiva ma che Ico considerava di fatto natale perché da essa plasmato – di due sue installazioni di arredo urbano. Si tratta di due grandi ruote bianche di metallo, disarmanti nel loro minimalismo segnico, piazzate in bella vista una davanti allo stadio Giuseppe Sinigaglia, l’altra in largo San Rocco. I suoi concittadini, con una sorta di malcelata ironia dissacratoria, le hanno sin da subito ribattezzate “i caramelloni” in quanto evocative di una nota pasticca alla menta col buco. Dopo tre decenni, esposte agli eventi meteorici, all’inquinamento e all’incuria , hanno palesato l’inevitabile degrado, costringendo l’autorità municipale ad intervenire per l’improcrastinabile restauro, che per le opere d’arte moderna va affrontato in modo critico. Il cerchione a San Rocco è stato il primo ad essere oggetto del risanamento manutentivo, e gli si è voluto dare una rivisitata chiave di lettura, motivandone funzionalmente il riuso come supporto a slogan promozionali. A seguire si porrà mano anche a quello di viale Fratelli Rosselli.
1991: le “caramelle” di Parisi a Como, allo stadio Sinigaglia e a piazza S. Rocco
In copertina: disegno di Domenico Parisi datato 1944. Reinterpetazione da Escher