ALBERTO GACOMETTI (1901-1966)
Il più noto scultore svizzero del secolo scorso, nasce a Borgonovo di Stampa, nel Cantone dei Grigioni, il 10 ottobre 1901. Muore a Coira l’11 gennaio 1966. Dopo le prime esperienze plastiche svolte nell’ambito cubista, dopo i richiami alla scultura negra – che con la sua potenza evocativa lo porta a creare maschere inquietanti ma di grande espressività – il Giacometti degli anni Trenta esplora la via del surrealismo e la meta raggiunta è quella che viene definita ”invenzione degli oggetti”: nuove forme in cui concretizza le sue ossessioni e i suoi incubi. Si tratta di apparizioni quasi misteriche in cui la realtà invisibile prende forma visibile, quasi si trattasse di una rivelazione della propria interiorità. Con il trascorrere degli anni la figura umana giacomettiana si assottiglia sempre più , sino a diventare materia filiforme, ormai prossima al nulla esistenziale, come antichi idoletti etruschi che riemergono dal punto zero di un passato sepolto, punto d’origine coincidente con il nucleo della nostra anima.
PALLA SOSPESA, 1931
IL PALAZZO ALLE 4 DEL MATTINO, 1932
TAVOLA SURREALISTA, 1933
IL NASO, 1947
LA MANO, 1947
UOMO SU CARRO, 1951
LA PIAZZA, 1958
BUSTO DI ANNETTE, 1961
UOMO CHE CAMMINA, 1962
GIACOMETTI NEL SUO ATELIER
In Svizzera, come del resto in tutta Europa, la scultura della seconda metà del Novecento segue i percorsi indicati e iniziati dall’astrattismo. Sono due le aree in cui è possibile circoscrivere le principali esperienze: l’astrattismo costruttivista in rapporto con il linguaggio architettonico che può esemplificarsi nel nome di Max Bill; l’altro anch’esso di segno e taglio costruttivista ma più sensibile ad una interpretazione fantastica della realtà, quale troviamo in Walter Bodmer.
M. Bill, Continuità, 1947
M. Bill, Unità tripartita, 1947
M. Bill, Monumento al prigioniero politico sconosciuto, 1952-53
M. Bill, Costruzione da due anelli, 1965
M. Bill, Padiglione a Zurigo, 1983
Max Bill (Winterthur, 22 dicembre 1908-Berlino, 9 dicembre 1994), poliedrico e versato tanto in pittura quanto in architettura, nel design e nella scultura, soprattutto in quest’ultima espressione artistica propugna una razionalità tesa a concentrare nello spazio forme geometrizzanti concluse in se stesse, servendosi sia di elementi tubolari modulati in una successione seriale di tipo combinatorio, sia di superfici nastriformi dispiegate in torsione plastica. Già allievo della Bauhaus, Bill importa in Svizzera il rigore della scuola tedesca e l’essenzialità dei costruttivisti olandesi della prima metà del secolo.
Walter Bodmer (Basilea, 12 agosto 1903-ivi 3 giugno 1973) si muove, tendenzialmente, lungo lo stesso itinerario, differenziandosi per una creatività inventiva che accende le sue opere di una sottocutanea vena immaginifica.
W. Bodmer, Composizione, 1954
W. Bodmer, Composizione, 1960
W. Bodmer con una sua creazione
Su queste due tendenze si innesta il lavoro di Jean Tinguely (Friburgo, 22 maggio 1925-Berna, 30 agosto 1991) che si caratterizza per l’esuberanza dell’invenzione, spinta al limite del surrealismo.
J. Tinguely, 1954
J. Tinguely, 1959
J. Tinguely, 1966
J. Tinguely, 1970
J. Tinguely, Fontana Strawinsky, 1983
LE CORBUSIER (1887-1965)
Charles-Edouard Janneret-Gris, detto Le Corbusier, vera e propria stella di prima grandezza dell’architettura mondiale del Novecento è gloria nazionale della Svizzera, anche se spesso viene erroneamente indicato come francese; è nato infatti a Le-Chaux-de-Fonds (nel Cantone gallofono di Neuchâtel) il 6 ottobre 1887. Vate del Movimento Moderno, profeta dell’architettura “a misura d’uomo” dimensionata sul modulor, Le Corbusier ha lasciato una traccia non trascurabile anche in pittura, stringendo un sodalizio artistico con Amédée Ozenfant assieme al quale, negli Anni Venti, fonda “L’Esprit Nouveau” e stila il manifesto del Purismo il cui programma è quello di sfrondare l’arte da ogni ridondanza per riconsegnarle autenticità ed essenzialità architettonica (sarà proprio Le Corbusier a parlare di “poesia dell’angolo retto). Ozenfant ha il merito di avergli suggerito il fortunato pseudonimo con cui si è affermato universalmente. Al centro di tutto c’è l’uomo e l’architetto/pittore/poeta, come un neo-umanista, non calcola secondo il sistema metrico ma riesce a misurare il mondo in palmi, piedi, cubiti (cioè su scala modulare antropica) alla stessa maniera in cui i musicisti, quando non esisteva il metronomo, segnavano il ritmo con il battito del polso. Tornano di nuovo in primo piano le correlazioni armoniche fra note, linee, colore tanto care ai pitagorici: il canone è un termine usato tanto in musica quanto in accademia e il canone di Le Corbusier ha una espansione grafica ad andamento “aureo”.
Muore a Roquebrun-Cap-Martin, in Costa Azzurra, il 27 agosto 1965.
LINKS:
https://archipendolo.wordpress.com/2015/02/22/papa-corbu-il-corvo-e-lopera-al-nero/
LE CORBUSIER, Modulor, 1946
LE CORBUSIER, Natura morta, 1920c.
LE CORBUSIER, Natura morta, 1927c.
LE CORBUSIER, Ville Savoye, 1928-31
LE CORBUSIER, Monastero di La Tourette, 1954
LE CORBUSIER, Rochamp, 1954
Se nel campo dell’architettura, l’opera di Le Corbusier è indubbiamente la poesia, l’arte di costruire dell’ingegner Robert Maillart (Berna, 6 febbraio 1872-Ginevra, 5 aprile 1940) è la prosa: concreta e solida ma non per questo meno ispirata. Utilizzando al meglio le potenzialità offerte dall’uso del conglomerato cementizio armato, in particolare applicato alle grandi strutture, è nella costruzione di ponti e di edifici pubblici che Maillart riesce a dare prova di capacità non solo tecniche ma soprattutto estetiche. Eleganti e armonizzati nel paesaggio, i suoi ponti sono saette che lasciano intravedere nella loro snella linearità le tensioni intrinseche che si nascondono in una formula della geometria analitica; belli e assoluti come la divina compiutezza di un’equazione matematica.
R. MAILLART, Ponte di Salginatobel, 1930
R. MAILLART, Ponte di Vessy, 1936
C’è un vecchio e noto coro triestino a mo’ di filastrocca martellante, mutuato sulle note di Tannenbaum, se vogliamo vagamente canzonatorio nei confronti di questo Paese nostro confinante, che chiosa: La Svizzera, la Svizzera, la Svizzera è una Nazion…
Ma che nazione! Potremmo anche aggiungere. Con questo excursus abbiamo dimostrato che i luoghi comuni si possono e si debbono facilmente sfatare.
link:
https://muromaestro.wordpress.com/2016/02/21/quei-sorprendenti-cucu-della-svizzera/
arch. Renato Santoro – Roma, febbraio 2016
BIBLIOGRAFIA
LEMAIRE – Gérard-Georges Lemaire, Giacometti, Art Dossier, Giunti, Firenze 2001
TENTORI – Francesco Tentori, Vita e opere di Le Corbusier, Laterza, Bari 1979
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