Raccontò Graham Green, parlando del film Il terzo uomo – tratto da un suo racconto e di cui fu sceneggiatore – che il celebre commento sulla linda e asettica Svizzera pronunciato da Harry Lime, il personaggio interpretato da Orson Welles, fu dettata e inserita nel copione dallo stesso geniale attore-regista.
La battuta, ormai divenuta una citazione colta per cinefili, recita: “In Italia sotto i Borgia, per trent’anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos’hanno prodotto? Gli orologi a cucù”.[1]
Questo però non rende giustizia all’efficiente e ordinato Paese alpino, perché fra Otto e Novecento la cultura artistica svizzera, al contrario, ha regalato all’intero panorama intellettuale europeo nomi di tutto rispetto: da Arnold Böcklin a Fedinand Hodler, da Cuno Amiet a Paul Klee in pittura; da Alberto Giacometti a Walter Bodmer, da Max Bill a Jean Tinguely, in scultura; da Robert Maillart a Le Corbusier in architettura; senza dimenticare che il movimento Dada ha mosso i primi passi per le vie di Zurigo e che nei musei elvetici di Basilea, Berna, Zurigo, Ginevra si possono trovare importanti ed interessanti collezioni di arte moderna e contemporanea. In pieno primo conflitto mondiale, la Svizzera in virtù della sua neutralità era divenuta rifugio di numerosi esiliati politici e intellettuali anarcoidi provenienti da diversi Paesi. Tra costoro: il poeta rumeno Tristan Tzara, l’artista alsaziano Hans Arp e lo scrittore tedesco Hugo Ball, i quali nel febbraio del 1916 danno vita al Cabaret Voltaire, l’ormai mitico ritrovo nella zurighese Spiegelgasse. Era la strada in cui abitava nientemeno Lenin e qui l’esplosivo gruppo dei primi dadaisti europei si riuniva per quelle loro provocatorie rappresentazioni teatrali, esposizioni di quadri o animate conferenze.
ARNOLD BÖCKLIN (1827-1901)
Nasce a Basilea, Cantone di lingua germanica, il 16 ottobre 1827 e proprio in Germania si reca per studiare all’Accademia di Belle Arti di Düsseldorf. Fondamentale il suo viaggio in Italia suggeritogli dal suo illustre concittadino, lo storico Jacob Burckhardt. E’ annoverato fra i maggiori pittori romantico-simbolisti del XIX secolo. Muore in Italia, presso Fiesole dove aveva fissato la sua residenza, il 16 gennaio 1901. Annoverato fra “i tedeschi romani” da Marisa Volpi (VOLPI 1985, 1988), la sua opera costituisce una componente non marginale nella formazione del giovane de Chirico. Molti suoi capolavori sono conservati proprio nella città natale, presso il Kunstmuseum Basel.
FAUNO, 1863
LOTTA DI CENTAURI, 1872
AUTORITRATTO CON LA MORTE CHE SUONA IL VIOLINO, 1872
TRITONE E NEREIDE, 1877
MEDUSA, 1878c.
VILLA SUL MARE, 1878
L’SOLA DEI MORTI, 1880[2]
ULISSE E CALIPSO, 1883
VENERE GENITRICE, 1896
LA PESTE, 1898
FERDINAND HODLER (1853-1918)
Nasce a Gürzelen, nel Cantone di Berna, il 14 marzo 1853; studia Belle Arti a Ginevra. Dal 1890 elabora la propria cifra estetica in chiave simbolista. Nel 1892 pende parte al Salon della Rosecroix, circolo artistico-esoterico che ruota attorno all’inquietante figura di Sâr Joséphin Péladan, occultista lionese. Di grande mestiere, Hodler ha un disegno sicuro, di straordinaria precisione, che conferisce ai suoi quadri una carica potente. La fluidità lineare del suo segno riverbera anche suggestioni delle contemporanee tendenze Jugendstil che vanno affermandosi fra Monaco e Vienna. Muore a Ginevra il 19 maggio 1918.
RAGAZZA CON PAPAVERO, 1889
LA NOTTE, 1890
STANCHI DI VIVERE, 1892
IL PRESCELTO, 1893-94
IL GIORNO, 1900
PRIMAVERA, 1901
LA VERITA’, 1903
VALENTINE SUL LETTO DI MORTE, 1915
CUNO AMIET (1868-1961)
Nato a Soletta il 28 marzo 1868, dopo avere studiato a Monaco e Parigi, dove si avvicina ai moduli compositivi e coloristici di Van Gogh e Gauguin, torna in Svizzera dove tesse rapporti di amicizia e comunanza intellettuale sia con Giacometti che con Hodler. Quest’ultimo lo influenza non poco nell’uso del colore e lo avvicina alle seduzioni dello Jugendstil. Cuno Amiet, che nella sua lunga vita ha attraversato le vicende artistiche della prima metà del Novecento, da Die Brücke alla pittura murale, filtrate attraverso la lente del mondo tedesco, è generalmente considerato fra i pionieri elvetici della “nuova pittura”, sperimentatore del cromatismo come strumento della costruzione figurativa. Muore ultranovantenne a Oschwand il 6 luglio 1961.
AUTORITRATTO CON MELA, 1903
GIOCO DI LUCE, 1904
MADRE E FIGLIA, 1913
AUTORITRATTO, 1921
PAESAGGIO DI SOLETTA, 1934
AUTORITRATTO, 1959
PAUL KLEE (1879-1940)
Riconosciuto fra le massime personalità artistiche del Novecento, non solo di area elvetica o germanica ma di dimensione europea, nasce a Münchenbuchsee, presso Berna, il 18 dicembre 1879. Studia all’Accademia di Belle Arti di Monaco sotto Franz von Stuck e nella città tedesca si sposerà e fisserà la sua residenza. Contrario al regime hitleriano se ne torna in Svizzera nel 1933. Parlando del suo lavoro aveva detto: “Come un bimbo imita noi nei suoi giochi, il pittore imita il gioco delle forze che hanno creato e creano il mondo”. La sua vena immaginifica è inesauribile, la sua fervida fantasia compositiva è percorsa da una stupefatta meraviglia di fronte al mistero e alla magia della natura, da una lussureggiante sensualità che è stata accesa ed esaltata a contatto con i Paesi dell’Africa mediterranea in cui ama viaggiare. Nelle sue tele colore e musica si inseguono con il ritmo e la sinuosità dettatigli dalla sua abilità di strumentista. Figlio di genitori entrambi musicisti, è grazie all’attività di orchestrale violinista che trae per anni il sostegno economico familiare. Ma è proprio l’essere versato nella musica che gli permette di comprendere e fare propria la correlazione, potremmo dire “pitagorica”, che esiste fra note, ritmo, aritmetica e scala cromatica, in un crescendo armonico misurato da esatte, auree proporzioni matematiche. Muore a Muralto, nel Canton Ticino, il 29 giugno 1940.
VENTO CALDO NEL GIARDINO DI MARC, 1915
ARCHITETTURA A COLORI, 1917
ANGELUS NOVUS, 1920
MACCHINA CINGUETTANTE, 1922
MONDO D’ACQUA, 1925
PADIGLIONI CON VESSILLI COLORATI, 1927
AD PARNASSUM, 1932
NUOVA ARMONIA, 1936
IDOLI, 1939
PAUL KLEE NEL SUO ATELIER
CONTINUA – link:
arch. Renato Santoro – Roma, febbraio 2016
BIBLIOGRAFIA
Cuno Amiet, catalogo della mostra retrospettiva, Vevey 1995
Ferdinand Hodler et Genève, Musée d’art et d’histoire, Genève, 2005
PIRANI – Federica Pirani, Klee, Art Dossier, Giunti, Firenze 1997
VOLPI 1985 – Marisa Volpi, Itinerari di Arnold Böcklin e Anselm Feuerbach nel Lazio, in Artisti e scrittori europei a Roma e nel Lazio dal Grand Tour ai romantici, Atti del Convegno, 26-28 novembre, Roma1985
VOLPI 1988 – Marisa Volpi, Immaginazione e realtà nel paesaggio dei “tedeschi romani”, in Deutsche Römer, catalogo della mostra, Roma-Monaco1988
NOTE
[1] In Italy for 30 years under the Borgias they had warfare, terror, murder, and bloodshed, but they produced Michelangelo, Leonardo da Vinci, and the Renaissance. In Switzerland they had brotherly love; they had 500 years of democracy and peace, and what did that produce? The cuckoo clock. La frase che Orson Welles rivolge all’amico Josepeh Cotten viene pronunciata mentre il misterioso “terzo uomo” si dilegua allontanandosi fra le giostre del Prater. The Third Man, ambientato in una Vienna notturna ed espressionista per la regia di Carol Reed, è del 1949
[2] Tra il 1880 ed il 1886 Böcklin dipinse cinque versioni dell’Isola dei morti, con minime varianti cromatiche ma con medesimo impianto costruttivo
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